mercoledì 21 settembre 2016

IN GIARDINO CON LA SCRITTRICE MARIA LIDIA PETRULLI, autrice della trilogia Il Volto Segreto di Gaia. Ritorno Al Mondo Azzurro, Il Ciliegio Edizioni



Oggi siamo ospiti nel  giardino di Maria Lidia Petrulli, scrittrice prolifica e autore della trilogia Il Volto Segreto di Gaia ed Emilie Sanslieu, editi entrambi da Il Ciliegio Edizioni fra il 2013 e il 2015

Di che  parla?
Vediamo un po'... Prendiamo un volume tra i tanti rutti molto allettanti: Ritorno Al Mondo Azzurro e leggiamo la Quarta di copertina per lasciarci trasportare nella sua storia.
"Adria ed Eliocron hanno lasciato la terra degli inuit per tornare nelle lande dell’Accademia dove tutto è iniziato. Il viaggio lascerà un segno profondo in entrambi. Chi è in realtà Eliocron? Perché è tanto diverso dagli umani quanto dagli altri cloni? Perché vuole ritrovare il Mondo Azzurro? Eliocron vi cerca qualcosa di prezioso. Qualcosa che potrebbe mutare il futuro di Gaia. E Adria? Riuscirà a ricongiungersi col suo grande amore e gli amici ybridis? Cosa accade intanto su Artan? Nuovi amori e colpi di scena si succedono nel capitolo finale di una trilogia sempre più avvincente ed emozionante."
Quarta di copertina di Emilie Sanslieu (primo volume di una saga per ragazzi dagli 8 ai 16 anni)
Quando la magia è usata bene non provoca danni ma aiuta a sviluppare la fantasia, e quei bambini, da grandi, saranno forse degli adulti migliori.

E ora cominciamo l'intervista: Ami vivere in città o in campagna?
Potrei vivere in città soltanto se avessi un attico circondato da un bel terrazzo, possibilmente con vista mare. Qui a Cagliari ci sono splendidi terrazzi che si affacciano sul golfo, ma poiché sono improponibili per le mie tasche, ho trovato un buon connubio con l’esigenza di non avere nessuno che mi cammini con i tacchi sulla testa, a ogni ora del giorno e della notte, scegliendo una casetta con giardino a pochi chilometri dal mare e a venti minuti dalla città. Ci sto come in una reggia.
Preferisci un giardino o un terrazzo ?
Sono belli entrambi. Danno emozioni diverse. Da un terrazzo puoi spaziare lontano e immaginare come quando sei in riva al mare e segui la linea dell’orizzonte: lo sguardo vaga dove vuole. Il giardino, invece, è come un’accogliente alcova dove raccogli i tuoi limoni, i mandarini, basilico e prezzemolo, e pure il peperoncino: gli altri tentativi fatti di piantare pomodori o quant’altro, sono stati un vero fallimento.
Trovi impegnativo curare il verde? 
Il verde è bello, rilassante, soprattutto il prato, ma prendersene cura è pesantuccio, soprattutto quando hai mille metri quadri cui badare. Ottima soluzione, un bel giardino roccioso con tante piante mediterranee, le ginestre, il mirto, lentischio, insomma, delle belle piante resistenti che domandano soltanto una potatura di tanto in tanto. Non ho tempo né pazienza per l’orto, mi bastano l’alberello del limone e del mandarino, quello del gelso e del nespolo e i melagrani.
Riesci a scrivere e leggere all’aperto?  Cosa altro ti piace fare (ad esempio barbecue, ginnastica, dormire ecc)? In giardino posso fare di tutto, leggere, scrivere, mangiare e dei sonnellini meravigliosi. Ho anche il barbecue ma, non essendo una gran cuoca, lo uso poco. Diciamo che sono insalata dipendente.
Hai un animale domestico? Quale e come si chiama? Come si comporta mentre scrivi?
Per 12 anni ho avuto Glyn con me, una bastardina di 35 chili che era arrivata a casa passando fra le sbarre del cancello. L’avevano abbandonata che aveva poco più di un mese. Mi seguiva ovunque, anche in viaggio o quando mi sono trasferita per lavoro in Francia, ci siamo adattate l’una all’altra alla perfezione, non mi ha mai intralciato nei momenti “creativi”. Ora non c’è più e mi manca. È passato quasi un anno e ancora non me la sento di prendere un altro cane, credo che lo farò l’anno prossimo, quando rientrerò definitivamente dalla Francia.
Ci descrivi il tipo di giardino preferisci? 
Mi piace un angolo semplice, con qualche traliccio di rampicante, fiori colorati, una lampada romantica e una sedia a dondolo sotto il gazebo. E l’angolo computer.
Ti piace mangiare all’aperto? Ti piace fare colazione, merenda o un pasto principale?
Moltissimo. In genere la colazione e il pranzo li faccio all’aperto, se sono sola anche girellando nel giardino… In particolare nel momento del dessert. Di sera la situazione è più spinosa perché si accende la contesa fra me e le zanzare… In genere vincono loro.
Inviti amici a passare qualche ora nella tua oasi verde? Hai una ricetta di biscotti o una torta dolce o salata da poter consigliare per fare colazione o merenda tra il verde? 
Un pomeriggio con amici, al sole, è sempre un momento rilassante e piacevole. Come dicevo prima, non sono un’appassionata di cucina, per cui tè e biscotti, un gelato o una crostata presa al panificio mi sono molto congeniali.
Nei tuoi romanzi i paesaggi sono accuratamente descritti?  Usi mai un elemento naturale per esprimere uno stato d’animo o il pathos di una azione attraverso l’ambiente?
Sì, curo parecchio i paesaggi quanto l’aspetto psicologico dei miei personaggi; le loro emozioni si fondono spesso con l’aroma della pioggia, la salsedine del mare, i colori di un’aurora boreale o lo scricchiolio del ghiaccio che si frantuma ai poli. Ho viaggiato e viaggio molto, ho assorbito molti paesaggi che non ci scorrono sotto il naso tutti i giorni e ne faccio tesoro, esattamente come il profumo della tiaré in Polinesia. Riportarli in quel che scrivo, è automatico.
Nel tuo ultimo romanzo Il Volto Segreto di Gaia-Ritorno Al Mondo Azzurro, c’è un passo particolarmente affascinante che riguarda un elemento naturale  (un bosco, un fiume, un prato,  un  giardino, un fiore , una nuvola…)? Perché hai deciso di usarlo?
L’ultimo volume di Gaia, Ritorno Al Mondo Azzurro, si apre davanti alla banchisa artica e sotto l’aurora boreale: “Seduta sulla spiaggia, Adria non pensava a nulla, beveva colate d’oro liquidi sfumate di viola che il sole abbandonava dietro di sé, lungo il cammino verso l’orizzonte. La superficie ghiacciata del mare, nella terra degli inuit, le rifletteva come uno specchio”. Ho aperto la storia con questa immagine perché si sposava perfettamente con lo stato d’animo del personaggio, e poi fa parte di me, ci fondiamo in buona sintonia.
Ti ricorda qualche tua esperienza diretta o è completamente inventato?
Diretta, almeno in parte. I paesaggi crepuscolari del nord Europa, durante l’inverno, mi affascinano. Naturalmente, qualcosa d’inventato c’è sempre.
In copertina spesso vengono usati fiori, o sfondi naturali; cosa ne pensi? Se avessi dovuto suggerire tu al grafico la copertina del tuo ultimo romanzo, cosa avresti usato?
Se l’immagine è armonica e attrae, paesaggi fiori o foglie vanno comunque bene. La mia ultima copertina, dove ci sono un volto di donna e un muso di lupo appena accennati, l’ho ideata io e realizzata dalla copertinista: purtroppo, so vedere un’immagine ma non disegnarla.
E ora piantiamo un seme, un seme anche simbolico se desideri, che ci sveli di che tratta  il tuo ultimo romanzo: che seme vorresti piantare?
Un papavero blu. È la prima cosa che mi è venuta in mente. Blu e raro come il Mondo Azzurro.
 Ci lasci un piccolo incipit del tuo romanzo? anche quello è un piccolo seme…
Seduta sulla spiaggia, Adria non pensava a nulla, beveva colate d’oro liquidi sfumate di viola che il sole abbandonava dietro di sé, lungo il cammino verso l’orizzonte. La superficie ghiacciata del mare, nella terra degli inuit, le rifletteva come uno specchio. Il crepuscolo si affacciava timidamente, cedeva ai raggi solari che sbocciavano dalla linea dell’orizzonte per tutta la notte, annullando l’oscurità, stemperando il paesaggio con i vapori dell’indaco. Adria era affascinata da quella parvenza di immobilità, oltre la quale intuiva un mutamento costante, appena percettibile. Un vago senso d’inquietudine per la forza nascosta che trasformava continuamente il paesaggio.
«Durante l’estate artica, la banchisa si frammenta e gli iceberg si staccano dai ghiacciai andando alla deriva.»
Adria si era abituata alla voce leggermente cavernosa di Eliocron, ne coglieva la presenza nonostante lui si muovesse senza fare rumore, ne riconosceva l’odore che le ricordava quello di un animale selvatico.
“Tutti noi cloni eravamo perfetti e selvatici, ma non potevamo saperlo.”
Eliocron non si sedeva mai al suo fianco e neppure la precedeva quando viaggiavano, la seguiva, si manteneva a distanza e fuori portata dal suo sguardo. Adria ne aveva compreso il motivo. All’inizio, la somiglianza del volto dell’uomo-clone con quello di un lupo l’aveva impressionata, ma ormai non ci faceva più caso; la situazione era diversa per Eliocron che non accettava il proprio aspetto, e quel modo goffo di nascondersi lo proteggeva dal timore di essere rifiutato.
“La crudeltà della fantasia umana.”
Con la sensibilità dei lunghi giorni trascorsi in sua compagnia, Adria intuì che il compagno le stava indicando qualcosa, quindi seguì l’ipotetica traiettoria che lui le tracciava: Eliocron sintetizzava i pensieri in rapide frasi e in gesti morbidamente lenti. Notò allora le fenditure nel ghiaccio, l’oceano che pretendeva di emergere, di liberarsi dalle lastre gelate che erano state i suoi carcerieri durante il lungo inverno. Lo vide spostare i pesanti blocchi galleggianti, spingerli, crearsi una strada e avere finalmente il sopravvento.
“L’equilibrio è una mediazione fra energie che, a turno, devono per forza soccombere per poi prevalere. Un’alternanza cui non ci si può sottrarre.”
Adria non provava il bisogno di condividere le sue riflessioni, né pensava che Eliocron volesse conoscerle, tutto il suo essere era concentrato sul fatto che loro erano gli ultimi cloni, frutto di un passato che aveva il dovere di riscattarsi. E questo era tutto ciò che li univa.
«Eliocron vuole partire.»
Le parole dell’uomo-clone fransero sulla sua scatola cranica come onde contro le pareti di una caverna. Adria avvertì la stessa insofferenza istintiva di quando lui glielo aveva proposto una prima, seconda e terza volta, finché non si era deciso a tacere, e lei aveva recluso in un angolo quel che sapeva essere una necessità reale. Non riusciva ad accettare di doversi strappare a quel lembo di terra, il pensiero la lacerava, quel qualcosa che gli umani chiamano sentimento la logorava, le provocava una sensazione di vuoto. E lei, di quel vuoto aveva paura.
Grazie

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